Casimiro Ferrari

Casimiro FerrariCasimiro Ferrari è nato a Lecco il 18 giugno 1940. Trasferitosi a Ballabio, piccolo paesino alpino vicino a Lecco, negli anni 60, Miro (diminutivo di Casimiro) si è distinto per il suo spirito libero e indomabile che lo ha portato a seguire le orme degli antichi esploratori del Sud America. A differenza loro, però, Miro è stato un esploratore di vette. Ma non vette qualunque: le guglie acuminate della Patagonia!

Negli anni Novata Ferrari acquistò una bellissima estancia non lontano da El Chalten, ai piedi dell’imponente Fitz Roy. Qui visse per molti anni, con sporadici ritorni in Italia, facendo della sua casa una tappa obbligata per gli scalatori diretti sui monti patagonici. La sua estancia, infatti, era stata adibita a rifugio per alpinisti ed escursionisti (che Miro aveva intitolato all’amico Carlo Mauri), pur non nascondendo la vera natura di fattoria della pampa qual’era e in cui egli teneva numerosi capi di bestiame: dalle pecore alle mucche, dai cavalli ai guanachi.

Ferrari, il “Ragno della Patagonia”, è forse l’arrampicatore leader dell’alpinismo italiano in Sud America dagli anni ‘70 agli anni ’90. Vide quei luoghi solitari per la prima volta nel 1965, grazie all’amico Carlo Mauri, prendendo un’autentica folgorazione per quei picchi e guglie di granito rosso verticale e compatto.

Su quelle pareti ha vissuto imprese straordinarie. Dopo innumerevoli ascensioni sulle Alpi e le prime spedizioni extra europee (che hanno valso l’ascensione dell’Aconcagua nel 1966, del’Jirischanca nel 1969 con Riccardo Cassin, del Huantsan Ovest nel 1972 e  la Sud-Ovest dell’Alpamayo nel 1975) come la straordinaria impresa sui 1400 metri di altezza del pilastro Est del Fitz Roy nel 1976. Poi il Nevado Sarapo nel 1979, la parete Nord-Est del Cerro Murallon nel 1983, l’ascensione alla parete Est Cerro Norte nel 1986, la cresta Est del Cerro San Lorenzo nel 1987, il Cerro Riso Patron nel 1988, l’Aguja Bifida nel 1992, il Cerro Grande nel 1993, il Cerro Hemul nel 1993, l’Aguja Mermoz nel 1994.

Nel 77 riceve dal Presidente Giovanni Leone la carica di cavaliere della Repubblica.

Nel 1980, di ritorno dalla grande ascensione al Cerro Murallòn, Casimiro si ricovera in ospedale per sostenere un piccolo intervento di ulcera. E’ qui che, quasi per caso, gli viene diagnosticato un male incurabile per il quale i medici gli diedero soltanto tre anni di vita. Ma è solo il 1983 e, contro qualsiasi ottimistica previsione, fino al 2001 (l’anno della sua scomparsa) combatterà con perseveranza questo male continuando ad andare ininterrottamente in montagna e compiendo moltissime ascensioni, sia sulle Alpi sia in Patagonia.

Nel luglio 2001 Miro era ancora in Patagonia, per quello che diventò il suo ultimo viaggio nelle sue terre. Era partito in pieno inverno australe per verificare le condizioni della sua estancia, che aveva precedentemente sofferto della furia degli elementi. Ma per raggiungerla dovette coprire a piedi una distanza di circa 15 Km, dalla fermata del pullman alla sua casa, camminando nella neve fresca che gli arrivava fino al petto! Una volta arrivato si ammalò di polmonite e dovette chiamare i soccorsi. Subitaneo fu il suo ritorno in Italia, dove morì poco tempo dopo, il 3 settembre 2001.

Ma ciò che ha consegnato Casimiro nell’Olimpo dell’alpinismo internazionale forse (ma non certo perché soffrisse di poca attività!) è la sua ascensione sulla parete Ovest del Cerro Torre nel 1974. Con questa montagna egli ha vissuto un rapporto particolare e per certi aspetti unico. Con i compagni Mario Conti, Daniele Chiappa e Pino Negri, ha risolto uno dei più grandi problemi alpinistici del mondo negli anni ’70, con un invidiabile spirito di gruppo, unito alla testardaggine fuori dalla norma che ha dimostrato su quella parete corazzata di ghiaccio.  Un’impresa che è entrata negli annali dell’alpinismo mondiale con la  A maiuscola.

Del resto Casimiro ed i suoi compagni hanno dimostrato nel corso degli anni una ferma volontà di volersi misurare con i più grandi problemi alpinistici della Terra. Suo è infatti un grande tentativo alla parete Ovest del Makalu, colosso dell’Himalaya, che è ancor oggi il problema irrisolto numero uno al mondo. Nonostante la su malattia, Ferrari, nel 19… riuscì a salire fino ai caratteristici “occhiali” a più di metà della parete ( a quota 7100 metri)  dimostrando ancora una volta che fino alla fine avrebbe lottato contro il suo destino…da tempo ormai già scritto.

IL LIBRO DI CASIMIRO FERRARI

 

La torre del vento

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